"Il fantasma di Manhattan" di Frederick Forsyth

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 1/3/2009, 22:26
Avatar

Senior Member

Group:
Member
Posts:
18,451

Status:


Avete letto il libro "Il fantasma di Manhattan" di Frederick Forsyth, libro di 175 pagine pubblicato da mondadori in Italia?


Ecco un articolo a riguardo:

E il fantasma dell' Opera scopre New York

Repubblica — 18 novembre 1999 pagina 38 sezione: CULTURA

L' ultimo romanzo di Frederick Forsyth Il fantasma di Manhattan (Mondadori, pagg. 175, lire 29.000) non ha quasi niente a che vedere con i precedenti dello stesso autore, quei capolavori del genere che sono Il giorno dello sciacallo o Dossier Odessa. Le ragioni per le quali questo racconto è così diverso sono curiose, forse discutibili, vale comunque la pena di conoscerle. Il titolo richiama con tutta evidenza un romanzo famoso, quel Fantasma dell' opera di Gaston Leroux autore oggi quasi completamente dimenticato a parte la piccola pattuglia dei cultori del giallo e del Grand Guignol. Anche a Leroux è toccata la sorte crudele di dare vita a un personaggio poi diventato famoso e per così dire di morire nel concepirlo. Altri autori hanno avuto lo stesso destino, tutti conoscono Dracula perennemente assetato di sangue, non tutti sanno che il suo creatore si chiamava Bram Stoker. Tutti hanno visto da qualche parte quell' incubo biologico che si chiama Frankestein, pochi ricordano il nome di sua "madre", Mary Shelley. Forse solo il grande Victor Hugo, padre di Quasimodo, condivide una fama paragonabile a quella della sua deforme creatura. Il romanzo di Leroux uscì nel 1911. Raccontava di un essere dal volto ripugnante che viveva nascosto nei sotterranei dell' Opéra Garnier a Parigi. Luogo particolarmente adatto ai misteri per la sua oscura vastità, per il dedalo dei cunicoli e per la presenza di un vero lago sotterraneo formatosi a seguito della costruzione di profondissime fondamenta a tenuta stagna che avevano bloccato il deflusso delle acque. Il romanzo di Leroux sarebbe stato presto dimenticato se la Universal Pictures non ne avesse tratto già negli anni Venti un film che ebbe grande successo "de paura", come si dice in gergo giovanile. Quando il fantasma sbucava all' improvviso da un' inquadratura mostrando il suo volto repellente (l' attore era Lon Chaney opportunamente truccato), molte signore in sala cadevano svenute. La produzione, con geniale trovata pubblicitaria, cominciò a distribuire al botteghino i sali provocando un cospicuo aumento nelle vendite dei biglietti. Dopo di allora le versioni cinematografiche sono state numerose ma la storia del povero mostro rintanato nelle catacombe dell' opera conobbe nuova fortuna per uno di quei casi fortunati per la verità non infrequenti nella storia dello spettacolo. Nel 1984 in un piccolo teatro dell' East End londinese andò in scena uno spettacolino ispirato al romanzo di Leroux. Tra gli spettatori sedeva Andrew Lloyd Webber, l' autore (tra l' altro) di Evita, uno dei più geniali autori contemporanei di teatro musicale. Webber capì quello che Leroux aveva forse sentito ma non era stato capace di portare fino in fondo, cioè che la vicenda del "fantasma" più che di orrore parlava d' amore, era cioè la storia disperata, romantica e quasi fiabesca di un uomo deforme e sfuggito da tutti che ama senza speranza una ragazza bella che non è disposta a concedergli nulla, nemmeno la sua pietà. La commedia elaborata da Webber è stato il più grande successo del teatro musicale di tutti i tempi: dodici anni di repliche, dieci milioni di spettatori. Il fantasma immaginato da Leroux si chiamava Erik ed era ossessivamente innamorato della bella cantante Christine che però di lui non voleva sapere. Una sera mentre Christine sta interpretando il Faust (opera sulfurea, benissimo scelta), le luci d' improvviso si spengono gettando l' intera sala nel buio più completo. Al loro riaccendersi, Christine è scomparsa. Alla fine della storia la bella canterina ricomparirà e incontrerà il suo amore, una specie di don Ottavio, viscontino bello e fatuo. Quanto al povero fantasma, inseguito nei suoi sotterranei al lume di cento torce, scomparirà per sempre giù nel più profondo di quei catacombali meandri. Scomparso per sempre? Nemmeno per idea, si è detto l' astuto Forsyth il quale sedotto, credo, più dai dieci milioni di spettatori di Webber che dal disordinato romanticismo di Leroux, ha dato a quella vicenda il seguito appena pubblicato. Siamo dunque a Manhattan, un giorno da una delle navi che portano nuovi immigrati dal vecchio mondo un uomo si getta in mare e raggiunge a nuoto la riva di Coney Island covo, allora, di malviventi e rifiuti della società. Quell' uomo è Erik Muhlheim, vale a dire il fantasma. Lavora come un pazzo, mette a frutto il suo ingegno che è smisurato quanto la sua bruttezza, si sceglie una specie di figlioccio o controfigura che possa rappresentarlo a viso aperto nel mondo, breve: diventa ricchissimo, talmente ricco da potersi permettere di gestire un teatro d' opera che rivaleggi con il Met e di pagare a peso d' oro Christine così appassionatamente amata perché venga a cantarvi. Lei arriva, sbarca dalla sua bella nave accolta con tutti gli onori in compagnia di suo figlio, un bel ragazzetto appena adolescente e dal suo istitutore, un sacerdote cattolico irlandese. Dall' alto di un edificio, l' ex fantasma avvolto in un tabarro guarda, soffre, spera. Non voglio dire troppo perché l' esile storia si basa su quella certa suspense che Forsyth, pur sempre un maestro del genere, sa creare. Bisogna però sapere che tutto l' intrigo gira attorno alla paternità di quel fanciullo e cioè, per risalire alla vicenda originale, a che cosa accadde nei sotterranei dell' Opéra la sera in cui il fantasma rapì la bella Christine e prima che fidanzato e soccorritori vari arrivassero a strappargliela dalle mani. Il libro di Forsyth è costruito su una serie di monologhi nei quali i vari protagonisti raccontano la loro parte di storia con un curioso andamento più che da romanzo da sceneggiatura o da canovaccio per un libretto d' opera. O da musical. Con tutta l' abilità, anzi maestria, che nessuno gli nega, è insomma come se Forsyth scrivendo questo Fantasma di Manhattan avesse pensato più a Andrew Lloyd Webber che ai suoi lettori. - di CORRADO AUGIAS
 
Web  Top
0 replies since 1/3/2009, 22:26   585 views
  Share